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    Ma la cosa che mi fa arrabbiare di più e che io, come gli altri cittadini della Lombardia, della firma digitale non ce ne faccio assolutamente nulla.
    Vorrei vedere in faccia la/le persona/e che hanno messo in piedi il meccanismo, per poter parlare di tecnica con loro.
    Lettera firmata

    In una lettera firmata, e un po’ sgrammaticata, indirizzata al direttore di Varese News, dal titolo “L’informatica nella sanità: Monti, è ora di svegliarci”, l’autore anonimo esprime la sua rabbia per il fatto che deve andare di persona all’ASL, “a portare un pezzo di carta, perchè a detta della signora dell’ufficio Ausili e Protesi dell’ASL di Gallarate, loro hanno avuto ordine di ricevere l’originale cartaceo“.

    L’anonimo si domanda come sia possibile che il medico di base, la dottoressa, che ha già il suo collegamento alla rete dell’ASL e l’INPS, non possano inviare dai loro computer questo “pezzo di carta” ai cittadini, i quali poi dovranno solo recarsi in farmacia a ritirare i medicinali?

    L’arrabbiatura e le perplessità di chi scrive sono comprensibili e riconducibili a due ordini di problemi:

    1. le smartcard si sono dimostrate troppo farraginose nell’utilizzo, e sono oggetti troppo costosi da acquisire, distribuire, spiegare, installare e manutenere;

    2. la carta, a causa di una serie di problematiche non solo tecniche, ma soprattutto organizzative (è questo il caso), gestionali ed economiche, difficilmente tende a sparire, rendendo l’interoperabilità fra sistemi, supporti, reti, applicazioni … ancora una lontana chimera.

    Se non vado errato, gia’ dalle scuole primarie (ex elementari) i maestri insegnano che non si possono sommare mele con pere, capre con cavoli e via dicendo. Poi pero’ il buon insegnamento si perde per strada e si cerca sempre di sommare la carta con i byte, per produrre certificati su “carta digitale” …