Art. 21. Valore probatorio del documento informatico sottoscritto.
[…]
2. Il documento informatico sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, formato nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 20, comma 3, che garantiscano l’identificabilità dell’autore, l’integrità e l’immodificabilità del documento, ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del codice civile. L’utilizzo del dispositivo di firma si presume riconducibile al titolare, salvo che questi dia prova contraria.
CAD testo vigente d.lgs. 82/2005
Cosa è successo con il nuovo Codice (CAD – Codice di Amministrazione Digitale)?
Che ha rispolverato la firma avanzata.
Viene data, alla firma avanzata, lo stesso valore giuridico che viene dato alla firma digitale.
La firma avanzata, la firma qualificata, e la firma digitale, tutte e tre sono sullo stesso livello, e tutte e tre hanno le conseguenze che in termini legali italiani sono stabilite dal Codice Civile art. 2702, in pratica vengono portate in giudizio e hanno valore probatorio.
Il perchè di questa modifica mi è incomprensibile, è tuttaltro che una semplificazione, è una orrenda complicazione della gestione del processo, che mi auguro venga rivista alla prima occasione.
Pierluigi RIDOLFIPresidente Comitato Scientifico Siav Academy
Qualche post fa ci chiedevamo se le firme digitali non fossero troppe, nella convizione che il proliferare delle tipologie potesse ingenerare confusione e parallelamente un indebolimento, perdita di credibilità e valore, dello strumento firma digitale, perdita di “credibilità”, che sembra trovare conferma anche nella recente sentenza n. 3365/2011 dello scorso 6 giugno del Consiglio di Stato, la quale, in fatto e diritto, indebolisce il valore giuridico/legale della firma digitale (quella, per intendersi, fatta con certificato qualificato emesso da una Autorità di Certificazione che certifica l’identità del firmatario) avvallando il requisito dell’autenticazione della sottoscrizione con firma digitale di una cauzione in una gara di appalto, per attribuire certezza alla provenienza (!?) della summenzionata cauzione/dichiarazione e impedirne il disconoscimento da parte del suo autore.
Ora sembra abbastanza chiaro, senza dover essere dei giuristi esperti, che se si chiedono autenticazioni di firme digitali, vuol dire che di quella firma (digitale) non ci si fida abbastanza. Cosa succederà allorquando entreranno in circolazione a pieno titolo, una volta emanate le regole tecniche, le altre firme (avanzate e/o qualificate), la cui evidente debolezza nel processo di certificazione del firmatario, reale, o presunto, potrebbe dare il “la” a disconoscimenti a valanga?
Non entro nel merito della sentenza del Consiglio di Stato, dove gli avvocati delle parti ed il Consiglio stesso (nonchè il TAR) hanno svolto il loro lavoro in maniera ponderata e qualificata, ma quando si avvalla il requisito dell’autenticazione della sottoscrizione con firma digitale di una cauzione in una gara di appalto, per attribuire certezza alla provenienza (!?), mi domando allora quale sia il ruolo delle Autorità di Certificazione, che emettono certificati qualificati per, guarda caso, certificare l’identità del firmatario. Mi sembra come avere una carta di credito, che però quando devo fare alcuni pagamenti devo andare a farmeli controfirmare da un pubblico ufficiale, un notaio, ecc.. L’amara sensazione purtroppo, è che la lunga storia dei 3.7 milioni di smart card degli amministratori di società, giacenti c/o gli studi dei commercialisti, insieme al proliferare delle firme “valide”, introdotto con le recenti modifiche di legge, che di fatto indeboliscono il valore della firma digitale nel senso più ampio del termine, inevitabilmente relegano la firma digitale ad un ruolo di secondo piano. Io invece sarei dell’idea che al pari di carta di identità, passaporto, emissione di codice fiscale come di partita IVA, la firma digitale dovrebbe avere un importante imprinting da parte dello stato, sin dalla nascita.