La fortezza Bastiano è un avamposto morto, una frontiera che si affaccia sul niente. Al di la della fortezza c’è un deserto, e dopo il nulla, il deserto dei Tartari. L’hanno certamente attraversato, secoli fa, e poi sono scomparsi.
Il 29 dicembre 2009 è entrato in vigore il Decreto Legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, il quale stabilisce che il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) assume la denominazione: “DigitPA”. Ai sensi dell’art. 24, la denominazione: «Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione» ovunque presente nella vigente normativa è sostituita dalla seguente: «DigitPA».
DigitPA è il terzo “cambio di pelle”, in meno di vent’anni, dell’originaria AIPA (Autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione), nata nel 1993 con il compito di promuovere, coordinare, pianificare e controllare lo sviluppo di sistemi informativi automatizzati delle amministrazioni pubbliche, secondo criteri di standardizzazione, interconnessione ed integrazione dei sistemi stessi, sulla base di criteri e strumenti utili a favorire l’accesso ai siti web delle pubbliche amministrazioni e l’uso delle applicazioni informatiche da parte delle persone disabili.
DigitPA coordina la realizzazione del Piano Ict sull’amministrazione digitale, e per adempiere ai propri compiti può contare su una dotazione organica complessiva di 120 unità (TABELLA A del Dlgs 177/09, prevista dall’articolo 12, comma 1) a cui si aggiunge un non meglio specificato numero di contratti esterni, che sembra variare fra le trenta e le cinquanta unità. La dotazione organica di DigitPA subisce quindi una riduzione di circa il 20% rispetto alla precedente dotazione del CNIPA pari a circa 150 unità, riduzione peraltro in linea con la politica di contenimento dei costi, conseguenza delle progressive riduzioni dello stanziamento complessivo nei confronti dell’ente (calato dai ca. 22 milioni nel 2007 ai ca. 10 nel 2010). Infine, l’ultima “chicca”, il Decreto legge del 31 maggio 2010, n.78 relativo a “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, che fra “commi 24” e non, è diventato lo spauracchio degli enti vigilati (fra cui DigitPA, posto sotto la vigilanza del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione) con le sue percentuali di taglio dei contributi a favore degli enti pubblici vigilati dai Ministeri, che possono andare da un “abbordabile” 10% ad un “catastrofico” 50%.
Art. 7 – Soppressione ed incorporazione di enti ed organismi pubblici; riduzione dei contributi a favore di enti. comma 24 – “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto gli stanziamenti sui competenti capitoli degli stati di previsione delle amministrazioni vigilanti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni e altri organismi sono ridotti del 50 per cento rispetto all’anno 2009. […]”.La premessa fatta risulta necessaria per inquadrare la nascita di DigitPA, lo scorso dicembre 2009, in un contesto di tagli, sia sul fronte delle risorse economiche dirette che per quanto concerne la dotazione organica (personale, ndr.). Ai tagli sembra corrispondere una riduzione di competenze/funzioni, quali il compito di predisporre il piano triennale dei progetti e dei principali interventi di sviluppo e gestione dei sistemi informativi della PA, al pari della gestione dei rapporti con la UE, funzioni trasferite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma per rendersi pienamente conto, e avere una visione di insieme dei principali compiti di DigitPA, aiutiamoci con una slide estratta dalla presentazione del Prof. ing. Pierluigi RIDOLFI al convegno “e-Government, e-Democracy” organizzato dalla Fondazione Siav Academy
Non sembrano pochi … ed in particolare nel contesto della firma digitale, risultato del “combinato disposto” fra tecnologia e normativa (crescente!), preoccupa non poco l’ottemperanza del punto “vigilanza e controllo sul rispetto delle norme”, nella sezione “regole e standard”. La continua evoluzione della normativa e delle regole tecniche (vedasi il caso della recente normativa sulla firma digitale remota) richiede spesso chiarimenti, precisazioni, rassicurazioni (“ma la chiave privata chi ce l’ha, dov’é? e il giudice che dice?”) e non ultime interpretazioni precise ed autorevoli (leggasi pareri DigitPA), che mal si combinano con il processo di “depauperamento” in fieri degli organismi di supporto tecnico normativo. Se avevamo evidenziato in passato il problema che chi dovrebbe fare chiarezza è “poco visibile”, ovverosia non è così presente nei media e sul mercato (dove avvengono i processi di compravendita delle “tecnologie normate”, fra clienti e fornitori) come i famosi “venditori di caffè”, oggi e domani come possiamo sperare di poter contare sui giusti riferimenti per chiarirsi le idee su cosa è “buono” e su cosa “no buono” (o non del tutto)?
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