La conclusione principale della quarta edizione dell’Osservatorio sulla fatturazione elettronica e dematerializzazione del Politecnico di Milano dello scorso maggio 2010 è stata che alle imprese italiane la fatturazione elettronica, così come l’ha concepita il legislatore nazionale, non piace. Il livello di adozione della fatturazione elettronica “pura” prevista dalla normativa nazionale (dove la fattura nasce, viene trasmessa, ricevuta e conservata esclusivamente in formato elettronico) “è sostanzialmente pari a zero”!
Il Consiglio europeo con la Direttiva_2010-45-UE del 13 luglio 2010 recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione, tra le altre, incoraggia il ricorso alla fatturazione elettronica, mediante la soppressione degli ostacoli giuridici alla trasmissione e all’archiviazione dei documenti dematerializzati. Le norme dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2012 per rendere applicabili le nuove disposizioni dal successivo 1° gennaio 2013.
La svolta:
“Articolo 217
Ai fini della presente direttiva per “fattura elettronica” s’intende una fattura contenente le informazioni richieste dalla presente direttiva emessa e ricevuta in formato elettronico.”
Summum ius, summa iniuria è una locuzione latina il cui significato letterale è “somma giustizia, somma ingiustizia” (Cicerone – De officiis, I, 10, 33). La locuzione indica che una applicazione acritica del diritto – che non tenga conto delle circostanze a cui le sue norme devono essere applicate nel singolo caso e delle finalità a cui esse dovrebbero tendere – può facilmente portare a commettere ingiustizie o addirittura costituire strumento per perpetrare l’ingiustizia.
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Volendo fare un ragionamento per analogia con i recenti “accadimenti normativi”, nell’ambito della fatturazione elettronica, possiamo dire che un accanimento terapeutico nel normare, ridurre a norma, ha portato come risultato ad un mancato utilizzo e diffusione di un processo massimamente utile, bloccando/congelando la naturale evoluzione di un processo, nel caso specifico quello della fatturazione, che nascendo digitalmente (la fattura nasce su un computer!), sarebbe auspicabile che mantenesse la sua natura e continuasse il suo percorso in digitale.
In ambito firma digitale, lo scorso anno, il legislatore nazionale ha dimostrato lungimiranza con l’introduzione della firma digitale remota, limitandosi ad indicare i contesti d’uso e gli ambiti di sicurezza, ovverosia “avvedendosi” e “recependo” l’evoluzione tencologica indirizzata verso l’usabilità. Come è già accaduto in passato, allorquando l’Italia ha anticipato i tempi sulla firma digitale con la legge italiana “pre-Direttiva” (legge del 15 marzo 1997 n. 59, “Bassanini 1”, divenuto DPR 513/97), adesso l’Unione Europea sta valutando con attenzione gli sviluppi della firma digitale remota, con ETSI (European Telecommunications Standards Institute ) e CEN (European Committee for Standardization) che si stanno interessando al tema “firma senza smart card”.
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